Riportiamo una parte dell’intervista ad Antonia Salzano, mamma di Carlo Acutis che proprio in questo momento viene beatificato ad Assisi.
(Salvatore Cernuzio – Vatican Insider)
«Sono fermamente convinta che tutta la storia di mio figlio sia un progetto del Signore. Sì, Lui se l’è rapito e portato in cielo molto presto, ma non avverto assolutamente un vuoto. Anche perché Carlo “si fa sentire” spesso, manda tremila segni al giorno, in modo anche spudorato! (Ride). Da quando è morto ci ha riempito ancora di più la vita. Io sono diventata la sua segretaria».
«Beh, anche loro fanno parte dello staff di Carlo! Vivono il rapporto con molta naturalezza, sono cresciuti con la presenza di Carlo e sono molto legati a lui. Anche loro hanno fatto la comunione presto, vanno a messa, dicono il rosario, il maschio ora in vacanza sta leggendo la vita del Curato D’Ars».
«No, credo sia una grazia di Dio per la nostra famiglia. Non so quale sia il Suo disegno per noi, cerchiamo di corrispondere e di dare testimonianza».
«In realtà non ho mai tanto pensato a progetti del futuro, sono dell’idea che bisogna vivere l’attimo presente. Hic et nunc. Ho capito presto che su mio figlio c’era un disegno superiore. A 11 anni mi ha chiesto di fare il catechista, a me e alla nonna ha confidato di voler diventare sacerdote… Capivo che c’era altro. Poi ci sono stati tanti altri “indizi”: mi disse che quando sarebbe arrivato a pesare 70 kg sarebbe morto, così è stato. Una volte disse pure che sarebbe morto con una vena che si rompeva nella testa ed in effetti la leucemia gli ha provocato un’emorragia cerebrale. Oppure ripeteva “sarò sempre giovane”. Mi sono interrogata più volte come genitore: forse ho sbagliato qualcosa, forse non sono stata attenta e ha letto qualcosa che lo ha impressionato. Invece, dopo la sua morte, con un messaggio che mi ha lasciato, ho capito che Carlo aveva intuito sempre tutto. Sapeva a cosa Dio lo stesse chiamando. Per questo è morto come un santo. I dottori gli chiedevano: “Soffri?” e lui rispondeva: “C’è gente che soffre più di me”. Mai un lamento, ma col sorriso fino all’ultimo istante».
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