Nel 1917, l’anno in cui avvennero i fatti straordinari che ci accingiamo a narrare, il Portogallo stava attraversando una grave crisi economica e sociale. Qualche anno prima la nazione era scesa in guerra a fianco degli Alleati e, mentre i suoi figli più giovani combattevano su1 fronte francese, all’interno del Paese imperversavano la miseria ed il caos. L’imprevidenza governativa e le lotte in seno allo stesso Governo avevano depauperato le casse dello Stato, mentre gli operai senza lavoro morivano di fame nei sobborghi delle grandi città. Di questa tragica situazione il Governo aveva cercato di addossare la colpa alla Chiesa, scatenando la più violenta lotta contro la religione che quel Paese abbia mai conosciuto. Già nel 1911 il primo ministro Alfonso Costa, pubblicando la sua « Legge di separazione tra Chiesa e Stato », aveva dichiarato testualmente: « Grazie a codesta legge, fra due generazioni il Portogallo avrà eliminato totalmente il Cattolicesimo, che è la causa principale della triste situazione in cui si dibatte il Paese ». Da quell’anno la repressione religiosa si era fatta più violenta e capillare. La stampa aizzava i lavoratori contro il clero, mentre i ragazzi delle scuole erano fatti sfilare per le strade portando cartelli con scritto: « Nè Dio, nè religione »! Bisogna però dire che la miseria, la fame e la lotta antireligiosa erano più virulente nelle città che nelle campagne. La mancanza quasi assoluta di mezzi di comunicazione aveva come isolato dal contagio le zone agricole dove, ad eccezione della partenza dei giovani per il fronte, continuava la vita povera ma dignitosa di sempre.
Fàtima è un piccolo paese del Portogallo centrale, di appena qualche dozzina di case, raccolte attorno alla Chiesa e al camposanto. Tutt’attorno i campi in declivio, trattenuti a stento da muretti di pietra, sono cosparsi di olivi e di elci. Qualche tratto di terra è anche coltivato a cereali ed ortaggi che, con i prodotti delle greggi, danno di che vivere ai pochi abitanti. Sulle colline circostanti taluni mulini a vento macinano il grano per il pane, che verrà cotto in paese in un grande forno comune.
Uscendo dal paese e andando verso occidente, una stradicciola di campagna conduce ad una frazione di Fàtima chiamata Aljustrel: è qui che nacquero e vissero i tre piccoli protagonisti della nostra storia.
Proseguendo verso occidente in mezzo ai prati si arriva ad una piccola radura adatta al pascolo delle greggi, chiamata « Valinhos » o « Piccole valli ». Da qui, piegando un poco verso sud, si raggiunge un luogo solitario ma tanto suggestivo detto « Loca do Cabeço », ove alcuni grandi massi rocciosi, modellati dalle acque, si drizzano curiosamente verso il cielo: queste due località furono teatro di avvenimenti che narreremo tra breve. Se, partendo da Aljustrel e passando per i Valinhos, si sale verso nord, dopo un paio di chilometri di sentiero si arriva ad una grande spianata verde a forma di anfiteatro che gli abitanti, appunto per questo, chiamano « Cova (o conca) da Iria »: è qui che la Madonna si manifestò ai tre pastorelli ed è qui che sorge oggi la Basilica di Fàtima. Ricordiamo infine due altri luoghi che interessano il nostro racconto: Villa Nuova d’Ourèm, cittadina a qualche decina di chilometri ad oriente di Fàtima, sede dell’Amministrazione Comunale, di un ospedale e luogo di mercato e Leirìa, sede vescovile della Diocesi di cui Fàtima faceva parte.
Come tutti i ragazzi del loro paese, Lucia Di Gesù e i due suoi cuginetti Francesco e Giacinta Marto, aiutavano i genitori portando a pascolare ogni giorno un piccolo gregge di pecore e di capre appartenente alle loro famiglie. Lucia era nata ad Aljustrel il 22 Marzo 1907 da Antonio Dos Santos e da Maria Rosa De Jesus, ultima di altre tre sorelle e di un fratello. Francesco era nato l’11 Giugno 1908 e la sorellina Giacinta il 10 Marzo 1910, da Manuel Pedro Marto che aveva sposato Olimpia, una sorella del padre di Lucia, già vedova e madre di due figli, dalla quale ebbe, oltre Francesco e Giacinta, altri sei figlioli.
Le case in cui nacquero e vissero i tre pastorelli erano simili alle altre di Aljustrel: piccole ma robuste, con i muri passati a calce e il tetto in tegole rosse, con minute finestre incorniciate e, nel mezzo della parete che dà sulla strada, due gradini che conducono all’uscio di casa, sopra il quale è incisa la data della sua costruzione.
Anche all’interno tutto è piccolo, ma lindo e ordinato la cucina con il basso camino, le camerette dei genitori e dei figli, e l’antico telaio di legno che da generazioni prepara la stoffa per vestire la famiglia.
Dietro la casa, il recinto per le pecore e un po’ di terreno con la cisterna per la raccolta delle acque piovane, che gli abitanti chiamano con compiacenza « o poço », il pozzo.
Partendo da queste casette che i tre piccoli amici erano soliti spingere ogni giorno il piccolo gregge delle due famiglie verso questo o quel luogo, a loro scelta, nei dintorni di Aljustrel. Ivi passavano assieme l’intera giornata custodendo le pecore e giocando. A mezzogiorno prendevano il cibo che le mamme avevano messo per loro in un piccolo sacchetto di stoffa dopo di che, prima di rimettersi a giocare, recitavano insieme il santo Rosario.
Un giorno piovigginoso di primavera (non possiamo precisare l’anno) i tre fanciulli erano andati col gregge alla Loca do Cabeço dove, con loro stupore, furono testimoni di un fatto straordinario. Di questo fatto abbiamo la descrizione precisa fattaci dalla stessa Lucia; eccola testualmente:
« Non posso riferire con certezza le date, perché a quel tempo io non sapevo calcolare gli anni, i mesi e persino i giorni della settimana. Mi pare nondimeno che debba essere stato in primavera quando l’Angelo ci apparve per la prima volta nella Loca do Cabeço.
Salivamo su per la collina con il gregge in cerca di un riparo e, dopo aver consumato il nostro pranzo e recitate le preghiere, vedemmo, ad una certa distanza sulla cima degli alberi, sfuggente verso Est, una luce più bianca della neve, che lasciava intravvedere la figura di un giovane trasparente e più sfavillante del cristallo colpito dai raggi del sole. Quando si avvicinò di più potemmo distinguerne meglio l’aspetto. Noi fummo sorpresi e ammutolimmo per lo stupore. Essendosi avvicinato a noi disse: “Non temete. Io sono l’Angelo della pace. Pregate con me “. E inginocchiandosi Egli chinò il volto fino a terra. Guidati dallo stesso impulso soprannaturale, noi facemmo altrettanto e ripetemmo le parole che udivamo pronunciare da Lui: ‘Mio Dio, io credo, adoro, spero in Voi e Vi amo. Chiedo perdono per quelli che non credono, non sperano, non Vi amano’. Dopo aver ripetuto queste parole tre volte, egli si alzò e disse: “Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche “. Poi egli disparve. L’atmosfera soprannaturale che ci avvolgeva era così intensa che, per lungo tempo, a mala pena ci rendemmo conto della nostra stessa esistenza, rimanendo nella medesima posizione e ripetendo le stesse preghiere. Sentivamo così intimamente e intensamente la presenza di Dio, che non tentammo neppure di parlare l’un l’altro. Il giorno seguente potemmo ancora sentire l’influenza di questa santa atmosfera, che cominciava a scomparire solo molto lentamente. Noi non raccontammo nulla di questa apparizione e neppure raccomandammo l’un l’altro di mantenerla segreta. La stessa apparizione sembrava imporci il silenzio. Essa era di una tale intima natura che non era affatto facile parlarne. Forse perché era la prima manifestazione, ci fece una più grande impressione ».
Circa due mesi più tardi, verisirnilmente in agosto quando il caldo insopportabile rendeva impossibile il lavoro nei campi, mentre i tre fanciulli si trovavano presso il pozzo che sta dietro la casa di Lucia ecco ripetersi il fatto straordinario. Ma ascoltiamolo dalla relazione fatta dalla stessa Lucia:
« La seconda apparizione deve essere avvenuta a metà estate quando, a motivo dell’eccessivo caldo, conducevamo a casa il gregge nella mattinata, ritornando nel tardo pomeriggio. Trascorrevamo le ore della siesta all’ombra degli alberi che circondavano il pozzo nel podere chiamato Arniero che apparteneva ai miei genitori. Improvvisamente ci apparve lo stesso Angelo. “Che cosa state facendo? “ chiese egli. ‘Pregate! Pregate tanto! I Cuori di Gesù e di Maria hanno progetti di grazia per voi. Offrite preghiere e sacrifici all’Altissimo “. “In che modo possiamo fare sacrifici? “ chiesi io. “Fate sacrificio di ogni cosa che fate e offritelo come un atto di riparazione per i peccati dai quali Egli è offeso e per ottenere la conversione dei peccatori. In questo modo attirerete la pace sul vostro Paese. Io sono l’Angelo Custode, l’Angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione tutte le sofferenze che nostro Signore vi manderà “. Queste parole ci fecero una profonda impressione, come una luce che ci fa conoscere chi è Dio, come Egli ci ama e desidera essere amato, che ci rivela pure il valore del sacrificio, quanto gli sia gradito e come, in base ad esso, Egli concede la grazia della conversione dei peccatori. Per questa ragione, da quel momento, noi cominciammo ad offrire tutto ciò che ci mortificava, non cercando mai altre vie di mortificazione e di penitenza, se non rimanere per ore con la fronte a terra ripetendo la preghiera che l’Angelo ci aveva insegnato ».
Verso la fine di Settembre o ai primi di Ottobre, i tre pastorelli si trovavano ancora alla Loca do Cabeço, accanto ai grandi massi di pietra che erano diventati il loro rifugio.
« Là recitammo il Rosario e la preghiera che l’Angelo ci aveva insegnato nella prima apparizione.
Mentre eravamo là, Egli apparve la terza volta, portando tra le mani un calice sormontato da un’Ostia da cui cadevano nel calice gocce di sangue. Lasciando il calice e l’Ostia sospesi nell’aria Egli si prostrò a terra e ripetè questa preghiera tre volte:
“SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente, Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze da cui Egli è offeso. E per gli infiniti meriti del Suo Sacratissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, Vi chiedo la conversione dei poveri peccatori “.
Quindi, alzatosi, l’Angelo prese il calice e l’Ostia. Diede l’Ostia a me e il contenuto del calice a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo: ‘Prendete e bevete il Corpo di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i delitti e consolate il vostro Dio “. Ancora una volta si prostrò a terra, ripetè tre volte la preghiera della SS. Trinità e scomparve.
Costretti dalla forza soprannaturale che ci circondava, imitammo tutto ciò che l’Angelo aveva fatto, prostrandoci a terra e ripetendo le preghiere da lui recitate. Sentivamo così intensamente la presenza di Dio da essere completamente sommersi e assorbiti da essa. Ci sembrò per un tempo considerevolmente lungo, di essere privi del nostro corpo e dei nostri sensi.
Durante i giorni seguenti. tutta la nostra attività era compresa da quello stato soprannaturale. Internamente sentivamo una grande pace e una grande gioia, che lasciavano l’anima come immersa in Dio ».
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