«Tu vieni da me?» si chiede stupito Giovanni il profeta.
«Tu vieni da me?», non ci capacita il più grande tra gli uomini, non sa darsi pace. Buffo: la sua vita è passata aspettando quel momento e, ora che è arrivato, non è come se lo aspettava. Ha passato la sua infanzia sapendo di essere il prescelto, gliel’ha raccontato la mamma Elisabetta e l’incredulo Zaccaria, consapevoli di essere stati travolti dalla grazia e l’iniziativa di Dio. Ha passato la sua giovinezza intera ad imparare, a meditare, a leggere, a scrutare, a riflettere. Sceso a Qumran, nella radicale comunità degli esseni, ha imparato ad attendere il Messia disprezzando la politica piaciona di Erode e del rinato Tempio. Poi ha scelto di osare di più, abbandonando anche gli esseni e vivendo nell’assoluta solitudine. Curioso: più una persona vuole farsi gli affari propri (e quelli di Dio) e più la gente percepisce che egli è un’antenna, un ponte fra Dio e gli uomini.
Sono venuti da lontano, prima poche decine, poi un fiume di persone ad aspettarlo, in silenzio, sulle rive del Giordano. Compariva, Giovanni, per insultare la gente, per urlare. E tutti tacevano, il capo chino. Ciò che diceva era vero: nessuno meritava salvezza, nessuno meritava perdono, nessuno avrebbe meritato Dio.
Non dicevano forse le Scritture che il Messia sarebbe stato inviato solo se il popolo si fosse preparato? Ma il popolo era bue, lontano, distratto. Giovanni ne lamentava la tiepidezza: così il Messia non sarebbe mai arrivato, non sarebbe mai venuto.
E invece.
Stupori
«Tu vieni da me?», si è chiesta Maria guardando il suo ventre che, giorno dopo giorno, cresceva, prima lievemente, poi sempre di più.
«Tu vieni da me?», si è chiesto il giovane Giuseppe, nella notte tormentata in cui Dio gli ha rubato la ragazza e gli ha chiesto, gentilmente, di prendersi in casa una sposa e un figlio non suoi.
«Tu vieni da me?», si sono chiesti i pastori, i maledetti, svegliandosi di soprassalto storditi dalla luce di mille angeli.
«Tu vieni da me?», si sono chiesti i facoltosi curiosi d’oriente, uscendo dal palazzo del folle Erode e seguendo la stella fino a Betlem.
«Tu vieni da me?», mi sono chiesto cento, mille volte, in questa mia luminosa ed inquieta vita, quando ho visto Dio raggiungere i dimenticati, saltare gli steccati, sfinirsi nel cercare ogni perduto, ogni sconfitto, ogni perdente.
Mischiato fra i peccatori, il capo chino, uguale agli uguali, confuso fra il fango, avanza il falegname di Nazareth. Giovanni continua ad immergere le persone sotto l’acqua per poi farle riemergere, nuove. Lo vede, infine, e si ferma. «Tu vieni da me?»: com’è possibile, non era l’uomo a dover cercare Dio? Non era Israele ad essersi rovinato con le proprie mani, abbandonando Dio che ora lo aveva abbandonato all’ostinazione del proprio cuore? Non era, Dio, il nascosto, l’inconoscibile, il desiderio segreto e irraggiungibile della ricerca umana?
No, Giovanni, scusa. Dio è diverso, anche da ciò che ti aspettavi, tu, il più grande tra i credenti.
Solidale
È già tutto qui il Vangelo, è già tutto evidente e palese il volto di Dio, è già detto e mostrato l’essenziale, è già chiuso il discorso. Giovanni tentenna, e noi con lui. I ragionamenti, le distinzioni, la meritocrazia religiosa, peggio – se possibile – di quella sociale, le devozioni, tutto è spazzato via da quel gesto umile e devastante di Dio.
Egli è il totalmente altro, l’assoluto, il realizzato, la perfezione, la pienezza.
E l’abbandona, per farsi solidale, per venire incontro, per conoscere, per redimere, per salvare.
Senza condizioni, senza ricatti, senza attese.
Dio ama, perciò si spoglia di sé, perciò avanza nel fango.
Mi compiaccio
E perché non sembri l’iniziativa discutibile di un giovane e timido cercatore di Dio, il falegname di Nazareth, perché non pensiamo che sia una delle benevole interpretazioni del predicatore di turno (che sarei poi io!), il Padre conferma: «Mi compiaccio», dice ai presenti e a noi.
Il Padre è totalmente d’accordo con la scelta del Figlio, vuole che sia così, è questa la sua linea di azione.
Primo gesto di una lunga serie che in tre anni porterà il Rabbì a pendere dalla croce, Gesù svela il volto di un Dio che esce a cercare la pecora persa, che attende il ritorno del figlio spendaccione; che si ferma nella casa di Zaccheo, che banchetta con i peccatori, che non giudica la peccatrice pubblica, che porge l’altra guancia, che non spegne il lucignolo fumigante, né spezza la canna incrinata, che fa festa per ogni peccatore che si converte, che muore – infine – pronunciando parole di perdono.
Ecco Dio, amici. Ecco il nostro Dio.
P. Curtaz