Mespertina presieduta da Mons. Luigi Pezzuto, Nunzio Apostolico in Bosnia Erzegovina, nel primo giorno del 29° Festival dei Giovani.
“Carissimi giovani, e voi tutti fratelli e sorelle qui presenti,
Abbiamo ascoltato con fede e devozione i due testi biblici che ci propone la liturgia odierna. Essa fa memoria di un Santo Vescovo, che in Cristo è stato luce e sale di sapienza per la Chiesa, la società e la cultura del suo tempo. Il suo nome è Alfonso Maria de Liguori. In lui, troviamo un esempio luminoso del fascino che il Regno di Dio può esercitare su una persona impegnata nella scoperta di questa realtà e, una volta trovatala, si fa apostolo della medesima, affinché essa possa diffondersi anche nei fratelli. Ambedue i testi biblici, uno tratto dall’Antico Testamento e l’altro dal Nuovo, sono veramente provvidenziali per questa celebrazione eucaristica, in modo particolare dedicata a voi giovani, come introduzione tesa ad aprire il vostro, tradizionale ormai, Festival annuale, al quale ho la gioia di partecipare per la prima volta.
Gesù vuol farci capire, oggi, che il Regno di Dio è una realtà che esiste per se stessa, indipendentemente dalla nostra volontà: non siamo noi ad istituire il Regno di Dio.
Tuttavia, il Regno di Dio è qualcosa di cui noi, Esseri umani, non possiamo fare a meno. Cioè, questo qualcosa possiede ed esercita su di noi una forza attrattiva tale, che il nostro essere umano sarebbe non solo incompleto, ma addirittura deficitario, qualora rimanesse privo di questo qualcosa. L’essere umano è per se stesso aperto al Regno di Dio, e il Regno di Dio è fatto per l’essere umano. La nostra natura umana, cioè, è strutturata e organizzata in modo tale da essere orientata, pur nella sua libertà di scelta, verso il valore Regno di Dio, perché è in quel valore e con quel valore che raggiunge la sua pienezza.
Se voi, cari giovani, scendete con la vostra riflessione nella profondità di voi stessi – ma questo è un processo che dovremmo fare anche noi adulti – e, allora, se noi scendessimo con la nostra mente nella profondità di noi stessi, scopriremmo che, nel fondo, c’è una fame e una sete, che non si possono dissetare e saziare dalle cose, dalle attività che svolgiamo, dagli hobby che coltiviamo, dalle relazioni umane, dal denaro, dalla cultura, dal divertimento, ecc.. Sono queste tutte realtà che ci piacciono, da cui siamo attratti, e che ci procurano una certa soddisfazione. Ma, onestamente, dobbiamo riconoscere che, alla fine, rimane sempre in noi un fondo di vuoto, che non sappiamo come riempire.
Questa, cari amici, è l’esperienza che facciamo continuamente durante la nostra esistenza qui sulla terra: l’esperienza del senso di vuoto interiore, che specialmente nel periodo della giovinezza può causare seri drammi e può condurre a conseguenze nefaste: ogni giorno le cronache ce ne danno notizia.
E, allora, c’è da domandarsi: qual è il valore che può riempire quel fondo di vuoto, che sperimento in me stesso? È la domanda che si poneva il profeta Geremia: “Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuol guarire?” (Ger. 15,18).
La risposta che, in quel frangente, gli dà il Signore è che deve convertirsi: “Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza” (Ger. 15,19). Lo stesso Signore, poi, nella pienezza dei tempi, completa e chiarisce la risposta precedentemente data a Geremia con le parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa, esposte da Gesù.
Le due parabole sono molto chiare: il Regno di Dio tu lo trovi inaspettatamente, perché è un dono. Il contadino della parabola, infatti, non era andato nel campo per trovare il tesoro. Egli era andato solo per lavorare la terra. Ma, lavorando la terra, egli ha trovato il tesoro. L’uomo che lavora la terra può essere il simbolo di tutti coloro i quali lavorano il terreno del proprio spirito e, in generale, il terreno della propria persona, per capire come possono riempire il fondo di vuoto interiore, di cui parlavamo prima. Ecco, questo lavorare il terreno della propria persona è il cammino per giungere alla conversione, cioè, a quella trasformazione graduale, ma radicale, di se stessi.
Voi, cari giovani, vi trovate nella posizione più vantaggiosa per effettuare, in voi stessi, questo processo di rinnovamento, perché c’è in voi, in quanto persone proiettate verso il futuro, una sana inquietudine dello spirito, che mette in moto tutte le vostre energie, a tutti i livelli, tese alla ricerca di risposte al vostro interrogativo di fondo sul vuoto interiore, che, però, è l’interrogativo di tutti noi.
Se voi lavorate il terreno della vostra persona, il Signore non mancherà di venirvi incontro, facendovi imbattere inaspettatamente sul valore definitivo e assoluto del Regno di Dio, che è il solo capace di riempire il vuoto interiore. Allora, nello stupore che Dio sa suscitare sempre con i suoi doni, pieni di gioia scoprirete che tutto quello che eravate ed avevate prima, tutto quello che facevate prima senza il Suo Regno e al di fuori del Suo Regno, non aveva alcun senso e che vale la pena, invece, lasciare tutto, disfarsi di tutto pur di possedere il Regno di Dio.
Una volta capito tutto questo, è necessario passare all’azione; bisogna, cioè, procedere ad un’opzione fondamentale e definitiva in favore del Regno trovato e sperimentato come dono, nella tua vita, nella certezza che, se cerchi prima e fondamentalmente il Regno di Dio, tutto il resto ti sarà dato in aggiunta. È Gesù stesso che ti dà questa certezza. Ma optare, scegliere, decidersi per il Regno di Dio non significa optare per una cosa o una struttura. Optare per il Regno di Dio significa optare per una Persona: Gesù, che solo può donare la vera letizia, perché è Lui stesso la sorgente della gioia.
Concludiamo questa riflessione con una breve preghiera: Signore Gesù, tu stesso sei il Regno e la nostra gioia, concedi a noi e a tutti coloro che ti hanno incontrato, di seguirti con nuovo slancio e con cuore libero, poiché tu sei il tesoro nascosto dell’umana esistenza, tu sei la perla preziosa, tu sei il tutto per cui vale la pena di lasciare ogni cosa. Amen.”
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