San Giuseppe fu vero Sposo di Maria, ma non fu padre naturale di Gesù. Si chiarisce il concetto di «paternità», per evitare equivoci e per comprendere la singolarità della Paternità del Santo Patriarca.
E’ un fatto che il Vangelo chiama San Giuseppe Padre di Gesù. Dice San Luca, descrivendo la presentazione di Gesù Bambino al Tempio: Il Padre e la Madre di Gesù restavano meravigliati di quanto si diceva di Lui. (S. Luca II – 33).
Anche la Madonna, quando ritrovò Gesù nel Tempio, disse: Ecco, tuo Padre ed io addolorati ti abbiamo cercato! (S. Luca II – 48).
Gesù chiamava San Giuseppe col dol,ce nome di « Padre».
Tuttavia la Paternità di San Giuseppe non fu naturale, cioè ordinaria come per gli altri uomini, ma fu paternità di ordine giuridico.
Esisteva il vincolo matrimoniale tra San Giuseppe e la Madonna; nella Sacra Famiglia c’era un Figlio; davanti alle autorità ed al popolo quel Figlio doveva apparire quale Figlio del Fabbro di Nazareth. Difatti, quando Gesù operava miracoli ed istruiva il popolo, si diceva: Non è costui il Figlio del Fabbro? E donde gli viene questa sapienza? (S. Matteo XIII – 54).
San Giuseppe esercitava verso Gesù i diritti ed i doveri della paternità. Fu lui che alla nascita ne presentò il nome ai pubblici registri; fu lui che lo nutrì, procurandogli il pane quotidiano nell’infanzia e fu lui che lo avviò ad un mestiere. Lo accompagnava anche nei pubblici atti.
Giuridicamente dunque appariva il Padre di Gesù, senza esserlo. Difatti San Luca dice: Era ritenuto Figlio di Giuseppe. (S. Luca III – 23). Se San Giuseppe non fu vero Padre, con quale parola può esprimersi la sua eccezionale paternità?
Taluni lo chiamano « Padre Nutrizio » ; ma questa parola dice poco. Comunemente è detto «Padre Putativo»; ma il titolo più adatto, il più significativo, è «Padre verginale», poiché San Giuseppe visse con la Madonna in matrimonio vergineo. Il caso della paternità del Santo Patriarca è del tutto singolare e non c’è nel linguaggio umano una parola più appropriata.
In San Giuseppe dunque si ha la dignità di Vergine e l’onore della dignità di Padre del Redentore.
Ordinariamente si ammira la gloria di San Giuseppe, perché fu Sposo di Maria Vergine; ma la gloria maggiore consiste nella sua paternità verginale.
San Giuseppe ebbe verso Gesù veri sentimenti paterni, superiori a quelli dei padri naturali, perchè l’Eterno Padre, scegliendolo quasi a Vicario della sua Divina Paternità sulla terra, gli diede, come dice Bossuet, una scintilla dell’infinito amore che porta Egli stesso al suo Eterno Figlio.
Esempio
San Giuseppe ottiene grazie ai suoi devoti e specialmente a coloro che diffondono il regno di Gesù Cristo.
Nella storia delle Missioni è celebre il Cardinale Massaia, apostolo dell’Abissinia. Egli amava teneramente San Giuseppe e ne fu ricambiato con generosità.
Fu questo Cardinale che propagò in quella regione il culto del Santa Patriarca e che gli dedicò la prima Chiesa nella Missione di Escia. Dice il Massaia nelle sue Memorie: Nella Missione di Escia mancava l’acqua. Mi rivolsi a San Giuseppe affinché provvedesse Lui. Trovai allora una sorgente, che potrebbe dirsi miracolosa, perché scaturisce dalla spaccatura di un masso, il quale sorge isolato sulla punta di un sollevamento vulcanico. –
Continua il Cardinale: Soffrivo dell’indebolimento della vista. Ritornato in Europa nel 1867, prima di rientrare nella Missione d’Africa, mi provvidi di parecchie paia di occhiali di diverso grado. La vista s’indeboliva sempre più e gli occhiali erano impotenti ad aiutarmi. Non sapendo più cosa fare, tolsi gli occhiali e li deposi presso l’immagine di San Giuseppe, dicendogli: Se volete che continui a lavorare nella vigna del Signore, pensate voi a ridarmi la vista! –
Da quel giorno sino ad oggi sono passati circa dieci anni ed io ho letto e scritto senza alcuno stento e senza bisogno di occhiali. –
E’ necessario rivolgersi a San Giuseppe con molta fede.
Fioretto – Evitare quella mancanza, che si suole commettere con più facilità.
Giaculatoria – San Giuseppe, prega per i padri di famiglia traviati!
Tratto da San Giuseppe di don Giuseppe Tomaselli
Il 26 Gennaio 1918, compiendo il sedicesimo anno d’età, mi recai alla Chiesa Parrocchiale. Il Tempio era deserto. Entrai nel Battistero e lì m’inginocchiai presso il Fonte Battesimale.
Pregai e meditai: In questo luogo, sedici anni or sono, fui battezzato e rigenerato alla grazia di Dio. Fui messo allora sotto la protezione di San Giuseppe. In quel giorno, fui scritto nel libro dei vivi; un altro giorno sarò scritto in quello dei morti. –
Sono ormai passati tanti anni da quel giorno. La giovinezza e la virilità sono trascorse nell’esercizio diretto del Ministero Sacerdotale. Quest’ultimo periodo della vita l’ho destinato all’apostolato della stampa. Ho potuto mettere in circolazione un discreto numero di libretti religiosi, ma mi sono accorto di una lacuna: a S. Giuseppe, di cui porto il nome, non ho dedicato alcuno scritto. E’ doveroso scrivere qualche cosa in suo onore, per ringraziarlo dell’assistenza datami sin dalla nascita e per ottenere la sua assistenza nell’ora della morte.
Non intendo narrare la vita di San Giuseppe, bensì fare pie riflessioni per santificare il mese che precede la sua festa.
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